mercoledì 3 ottobre 2012

E gli elefanti?


Lo zoo di Pechino non è il posto più bello di quella città, è enorme, pieno di animali e di gente che li va a vedere: turisti, famigliole con torme di bambini vocianti che uno si chiede se è vero che ne possono fare uno solo; ma la sensazione complessiva è triste. E' vero, ci sono i panda e solo loro varrebbero la visita, ma la struttura dello zoo ha mantenuto le caratteristiche tipiche della Pechino di Mao, grigia e cupa, e gli animali a loro volta riflettono quest'aura grigia e cupa dando l'impressione di non essere per nulla felici (se mai lo possono essere degli animali chiusi in gabbie o in finti habitat naturali). In particolare alcune scimmie, forse per la naturale empatia che siamo portati a provare per loro e poi il rinoceronte e la famigliola di elefanti africani: due adulti e un cucciolo dall'aspetto così derelitto e incartapecorito che davano la sensazione di poter cadere in polvere da un momento all'altro. Proprio agli elefanti di Pechino ho pensato ieri leggendo un bel reportage del National Geographic sul traffico di avorio. Un elenco di notizie sconvolgenti a partire dall'ultima grande strage avvenuta all'inizio di quest'anno in Camerun dove bracconieri armati di lanciarazzi ne hanno massacrati trecento in una volta sola, compresi cuccioli che le madri avevano cercato di difendere. L'articolo prosegue snocciolando una serie di dati e cifre che definire allarmanti è poco e naturalmente in cima a tutte le liste sul mercato di contrabbando dell'avorio c'è, manco a dirlo, la Cina. Un ricco cinese amante di oggetti in avorio molto costosi,  intervistato dall'autore, alla richiesta diretta se gli capitasse di pensare agli elefanti ha risposto candidamente, "per niente". E così mi sono tornati in mente quei tre poveri animali dello zoo, e ho pensato alla loro eccezionale intelligenza e nobile compostezza messa in vetrina a vantaggio di  migliaia di glabri mostruosi bipedi magari per lo più interessati al valore economico delle loro zanne (tranne i bambini, salviamo i bambini).

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