giovedì 29 agosto 2013

Italiani a Point Lenana, brava gente


Quando ho cominciato a leggere "Point Lenana", il libro scritto da Wu Ming 1 e Roberto Santachiara che ripercorre le vicende di tre italiani che fuggirono da un campo di prigionia in Africa per scalare una montagna, ero già più o meno a conoscenza della vicenda: la versione italiana del libro di Felice Benuzzi, "Fuga sul Kenya", mi era passata fra le mani anni fa senza però che la leggessi, quello che sapevo lo avevo appreso superficialmente da qualche articolo e da internet. Per esempio ero convinto che i tre fossero militari, forse alpini, ma non lo erano. Sapevo però che quella storia era da anni un best seller in Inghilterra e che ne era pure stato tratto un film e trovavo quanto meno curioso che di una vicenda così intrigante da noi si sapesse poco o nulla. Ero estremamente curioso di sapere come la storia poteva essere stata trattata da un qualche Wu Ming, di cui conosco il rigore ricostruttivo degli eventi storici, anche quanda si tratta di fare fiction. La mia curiosità è stata ampiamente ripagata, il libro è straordinario e la vita di Felice Benuzzi è un incredibile filo che unisce eventi della storia di questo paese avvenuti negli ultimi cent'anni, eventi su cui spesso si è stesa una spessa coltre di fumo per nasconderli e travisarli a seconda delle convenienze. In questi giorni, in cui il mondo in modo un tantino ipocrita si interroga sul da farsi contro un cattivone che usa le armi chimiche contro la sua stessa gente e anche in Italia si cominciano a sentire le voci di quelli che, "Dagli al criminale, aguzzino e dittatore", non sarebbe tanto male dare una ripassata a quello che pure noi, quando volevamo l'impero, abbiamo fatto in spregio alle convenzioni internazionali. Il libro è un pozzo di informazioni documentate delle atrocità commesse da generali incapaci e macellai, come Graziani, o altri ai quali l'Italia di oggi non ancora slegata ed emancipata dal suo passato dittatoriale spesso dedica monimenti e strade. Un' Italia nella quale leader di partito e di governo ancora parlano di Mussolini come di un grande statista, quel Mussolini che, per esempio, nel 1935 in un telegramma a Badoglio impegnato in Etiopia scrisse: "Rinnovo l'autorizzazione di impiego dei gas di qualunque specie e su qualunque scala", e potrei andare avanti a lungo. Ma Point Lenana è anche un bel libro sull'amore dell'uomo per la montagna e l'idea di grandezza e potenza della natura che ad essa si accompagna. Nel libro viene citato un brano dello scrittore inglese Robert Mc Farlane che citerò anche io perchè aderisco in pieno a questa idea:
"La montagna mina in noi la compiaciuta convinzione, in cui è tanto facile cadere, che il mondo sia fatto dall'uomo per l'uomo. La maggior parte di noi per gran parte del tempo mondi strutturati, pensati, controllati dall'uomo. Ci si dimentica che esistono ambienti che non rispondono allo scatto di una leva e al movimento di una manopola, che hanno ritmi propri e piani di esistenza diversi. La montagna impedisce questa amnesia. Esprimendo forze più grandi di quelle che possiamo invocare, ponendoci di fronte a tempi, la cui ampiezza non riusciamoneppure a concepire, essa confuta l'eccessiva fiducia nel 'fatto dell'uomo'".
Io non sono un critico, anzi non sono nessuno, consigli non dovrei darne, ma se avete qualche dubbio sulle vostre prossime letture buttatevi su Point Lenana.

martedì 27 agosto 2013

Poi dice che uno si incazza

Nel 1979 avevo dieci anni ed ero un bambino decisamente, ma decisamente, appassionato di fantascienza: facevo letteralmente indigestione di romanzi di ogni tipo e non vedevo l'ora che sugli schermi arrivasse qualche nuovo film. Appartengo alla generazione di quelli che furono fulminati da Guerre Stellari, e già allora il mio film preferito era 2001 Odissea nello spazio. Insomma, ero sul pezzo. Nonostante questo però non sono mai stato un fan sfegatato di Star Trek: la serie tv degli anni sessanta la trovavo già un po' vecchia e sempliciotta; negli anni settanta Spazio 1999 esercitava molto più fascino sulla mia fantasia. Però quando per l'appunto nel 1979 uscì il primo della ormai lunghissima lista di film ispirati dalla serie tv volli andarlo a vedere a tutti i costi, e mi piacque molto. Oddio quello che ricordo bene è che i personaggi mi fecero l'impressione di essere tutti piuttosto vecchiotti e appesantiti, ma storia ed effetti speciali soddisfecero la mia esigenza di appassionato del genere. Nonostante mancassero grandi battaglie nello spazio, inseguimenti, mondi esotici e lontani con creature fantastiche trovai l'idea di un satellite che ritorna alla ricerca del suo creatore piuttosto originale. Dopo più di trent'anni quel bambino non è più un appassionato così tenace però, insomma, la fantascienza lo tenta ancora e così può succedere che, come ieri, mi trascini nei cinema di pomeriggio in un giorno d'estate per vedere come si è rinnovata una vecchia saga fantascientifica. E così ieri eccomi seduto con altre quattro o cinque persone a vedere Into Darkness, Star Trek secondo J.J. Abrams. Che dire, bello, certo, dal punto di vista del soddisfacimento estetico e dei sensi ti tiene inchiodato sulla poltrona per tutte le sue due e più ore senza annoiarti, ti travolge con effettoni wow e tutto succede così velocemente che ti fa pure sorvolare su particolari discutibili come telefonate fra capi opposti della galassia manco fossero fra casa e ufficio o Spock che dialoga con se stesso da vecchio nell'inutile cameo di Leonard Nimoy, così, tanto per mettercelo. La fisica di Star Trek è una cosa a sè, è storia nota, non ha senso farsi troppe domande. Ma la storia? La storia sarebbe pure interessante rifacendosi al secondo film della saga, L'ira di Kahn, del 1982, ne rappresenta il prequel, lo cita in alcuni particolari come la scena che replica la morte di Spock con Kirk all'esterno di un compartimento contaminato a parti invertite e spiega efficacemente il perchè della sua (di Kahn) proverbiale incazzatura. Mi ha lasciato perplesso solo un particolare, inquietante: se il film è ambientato nel 2200 o giù di lì e Kahn e il suo super equipaggio erano stati creati trecento anni prima, ciò significa che ci starebbero lavorando più o meno ora? C'è qualcosa che dovremmo sapere? Comunque, alla fine qualcosa non torna, tutto si perde in una frenesia di lunghissimi e pressochè inutili inseguimenti o situazioni di tensione che si risolvono all'improvviso tutte più o meno nello stesso modo. Ogni cosa sembra  già vista da qualche altra parte e la storia, che l'ho detto, potrebbe pure essere interessante si perde un po' per strada per lasciare spazio a messaggi piuttosto semplici sui valori di famiglia e amicizia. Non lo so, al bambino di trenta anni fa questi film piacciono sempre ma non lo entusiasmano più così tanto e poi gli sono mancati molto i Klingon, a lui piacciono un sacco i klingon, per un attimo ci aveva anche sperato, ma poi  hanno pure fatto la figura degli sfigati.

lunedì 26 agosto 2013

Chiamala Aquila

E per finirla con le stelle dell'estate, visto che siamo pure alla fine di agosto e la cosa va un po' da sè, ecco Altair, la brillante Alfa Aquilae, la stella che chiude il triangolo estivo formato insieme alle già raccontate Vega e Deneb. Altair è una parola araba, moltissime fra le più importanti stelle visibili ad occhio nudo hanno nomi arabi, gli arabi erano grandissimi osservatori ed astronomi e a loro dobbiamo, assieme ad altre due o tre cosette, gran parte delle conoscenze scientifiche arrivate in Europa dopo i secoli più oscuri del medioevo, ma questo lo sapete vero? Comunque, il significato della parola ha a che fare con un'aquila in volo: la stella è al centro di una formazione apparente di tre e le sue vicine si chiamano Tarazed e Alshain. Tarazed però non è un nome arabo, se lo è inventato l'astronomo Giuseppe Piazzi all'inizio dell'ottocento e in ogni caso non ho idea di cosa significhi. Queste tre stelle in passato erano conosciute come la famiglia dell'aquila, per i cinesi avevano a che fare con un tamburo sul fiume e per gli indiani con un sacro albero di fichi (dove lo vedevano poi un albero di fichi). Ognuno ci vedeva un po' quello che voleva e anche oggi un gioco carino guardando le stelle può essere proprio cercare di formare figure unendo i puntini. Ad ogni modo, per la cultura classica a cui ci rifacciamo noi e per i romani, l'associazione era con l'aquila di Giove che lo avrebbe aiutato nella sua lotta contro i titani. Ultima cosa, nei giorni scorsi un astrofilo giapponese osservando il cielo nella costellazione del Delfino che potete vedere nell'immagine e che è molto carina anche anche a occhio nudo, ha scoperto una Nova, una stella che in pochissime ore ha aumentato la sua luminosità quasi alla soglia della visibilità ad occhio nudo. Succede un sacco di roba lassù.

domenica 25 agosto 2013

Ignoranti

Il parlamento italiano non è un consesso di menti eccelse, questo è un fatto noto. Prendere parlamentari a caso e far loro domande di cultura generale o peggio di attualità è un gioco troppo facile, come sparare su un cane che caga. Le "Iene" in cose come queste normalmente ci sguazzano e quando fanno servizi di questo genere non si sbagliano; il risultato di solito è avvilente. Giovanni di Mauro su Internazionale di questa settimana commenta proprio uno di questi servizi (lo potete leggere qui) e dopo aver ragionato sul parlamentare medio e la sua ignoranza come specchio del cittadino italiano medio che è chiamato a rappresentare conclude che il parlamentare dovrebbe esprimere un livello medio di preparazione più alto ma che purtroppo la colpa non è del tutto sua nè degli elettori che non possono scegliere, bensì di quelli che i parlamentari li selezionano ed è a questi ultimi che andrebbe domandato cosa orienta le loro scelte e perchè lo fanno. Ora, lungi da me la presunzione di conoscere la mente di queste persone e le fini strategie alla base della formazione della nostra classe politica, ma la risposta più facile che mi verrebbe da dare è che il livello dei selezionatori è più o meno quello dei selezionati. Ma sarebbe troppo facile. La verità forse è che una massa di deputati con un livello culturale e una preparazione più elevata di quelli che abbiamo avuto sempre in sorte probabilmente avrebbero la fastidiosa tendenza ad usare troppo spesso la loro testa e sarebbero meno facilmente gestibili e quindi, tutto sommato, chi glielo fa fare. Evviva l'ignoranza

venerdì 23 agosto 2013

Dolori sani (punture che risvegliano la vita 2)

"...Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di tv. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noioso dentro una cornice.
In moto la cornice non c'è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente. E' incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini, ed è proprio lì, così sfuocato eppure così vicino che col piede puoi toccarlo quando vuoi -un'esperienza che non si allontana mai dalla coscienza immediata...".
Queste sono parole scritte da Robert Pirsig, nel suo "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", libro fondamentale per chiunque ami viaggiare in moto. Sono parole che indirettamente avevo già citato in questo post un anno fa e che riprendo oggi dopo essere stato ancora punto da un'ape mentre viaggiavo per strade di montagna un paio di settimane fa. Alle parole di Pirsig infatti aggiungerei che il contatto completo con ogni cosa (api comprese) è per me fondamentale e si completa totalmente viaggiando con la visiera alzata ogni volta che la velocità e il clima lo consentono. La visiera alzata abbatte anche quell'ultimo filtro che ci separa da tutto quello che ci scorre intorno, permette ad ogni odore o aroma dell'aria, buono o cattivo di arrivare direttamente al naso anche se naturalmente ci espone a qualche piccolo rischio che, considerando la contropartita è totalmente accettabile.

mercoledì 21 agosto 2013

C'è da finire un lavoro


Ho frequentato per tutta la durata della mia adolescenza una associazione cattolica, lo ammetto. Era quella associazione che si ispira ai valori cristiani del cattolicesimo declinati secondo una disciplina ed un inquadramento di ispirazione vagamente militare; questo perchè il fondatore era un militare, uno che aveva contribuito alla grandezza dell'impero britannico in India e in Africa anche facendo fuori qualche "selvaggio". Detto così, associazione cattolica di ispirazione militare, risulta orribile; in realtà lo scoutismo almeno per quel che mi riguarda è stata un'esperienza divertente e utilissima: mi ha insegnato un sacco di cose sull'essenzialità e l'autosufficienza e soprattutto a tenermi lontano in seguito da chiese e militari.
Anche se sono un materialista senza Dio qualche conoscenza dei testi fondamentali ce l'ho e una cosa che fin da ragazzino mi ha sempre dato noia è la commistione fra spiritualità religiosa e volgari interessi commerciali. La parte che ho sempre preferito dei vangeli è la cacciata dei mercanti dal tempio (è anche uno dei miei pezzi preferiti di Jesus Christ Superstar). Ricordo perfettamente l'enorme fastidio che scout adolescente provai dopo aver camminato per ore in montagna arrivando fino ad un piccolo santuario, luogo di culto e spiritualità immerso nella natura che mi si potrebbe far dire meraviglia del creato, nel trovarlo corredato di un edificio annesso dotato di ogni genere di gadget in vendita per il pellegrino. La sensazione di allora la ritrovo sempre ogni qualvolta mi capiti di visitare luoghi religiosi di grande afflusso turistico e l'ho provata in particolar modo un paio di settimane fa visitando l'enorme Cristo di cemento che sovrasta il golfo di Maratea, immensa manifestazione di devozione delle genti locali che rivolge il suo sguardo e gesto protettivo verso le terre opposte al mare in direzione di una piccola chiesa. Il luogo dovrebbe essere esclusivamente luogo di culto e riflessione spirituale, ma naturalmente anche qui, fra il monumento e la chiesa si trova il bazar. La cosa non mi piace, l'ho detto, ma sono perfettamente consapevole di come vanno le cose, solo, magari sarebbe meglio se evitassero di vendere cose orribili come magliette con la scritta "stasera si" e sotto il disegno di uno strumento musicale che vi lascerò immaginare. Ecco, ho l'impressione che il messaggio del figlio del capo non sia stato molto recepito, e forse ci sarebbe bisogno di mandare ancora qualcuno a finire il lavoro.