mercoledì 2 luglio 2014

Perchè cambiare?

A proposito dell'italica propensione al cambiamento e al ringiovanimento dei quadri dirigenti all'interno delle istituzioni o degli apparati preposti al progresso e buon funzionamento della nazione, mi piace riportare alcuni dati che prendo direttamente dal bellissimo libro che Benedetta Tobagi ha dedicato alla strage di Brescia e alle sue vittime ("Una stella incoronata di buio"). In un capitolo dedicato alle tensioni che percossero questo paese nella sua travagliata storia del dopoguerra la Tobagi si sofferma su una frase pronunciata da Mario Scelba, famigerato ministro dell'interno e presidente del consiglio negli anni del boom economico, anni che videro però insieme al boom tensioni e scontri feroci nelle piazze. Dal 1946 al 1960 rimasero uccisi in scontri con la polizia almeno 122 lavoratori. Scelba, più volte a capo del ministero responsabile dell'ordine pubblico disse: "Mi accorsi che per mantenere l'ordine non occorreva fare leggi speciali, bastava utilizzare quelle che c'erano". E quelle che c'erano funzionavano proprio bene perchè  erano leggi fasciste, messe in pratica da personale di formazione fascista. Nel 1960, quindici anni dopo la fine della guerra e dopo vent'anni di regime fascista in Italia 62 prefetti di prima classe su 64 erano rimasti gli stessi dalla dittatura, quelli di seconda classe erano 64 su 64, i viceprefetti 241 su 241, i questori 135 su 135. Le cose cominciarono a cambiare solo negli anni settanta con il naturale ricambio generazionale e grazie forse anche ai grandi cambiamenti globali della fine degli anni sessanta, ma questi numeri la dicono lunga sia sulla natura realmente democratica non pienamente risolta della storia repubblicana che ha mantenuto ombre e ambiguità trascinandole per decenni, sia sulla resistenza al cambiamento, tratto distintivo tuttora persistente, checchè se ne dica.