Ho un'immagine indelebile del professor Franco Pacini, astrofisico e direttore dell'osservatorio di Arcetri che se ne è andato oggi, un ricordo legato alla mia infanzia di bambino strano, appassionato di fantascienza e allo stesso tempo di storia, del mondo antico e dell'archeologia. Il professor Pacini, che aveva il tipico aspetto dello scienziato un po' fuori di testa che piace molto ai ragazzini, era spesso intervistato da Piero Angela durante una delle migliori trasmissioni di carattere scientifico divulgativo condotte da quest'ultimo che io ricordi: “Nel cosmo alla ricerca della vita”, molto prima di “Quark”, intorno alla fine degli anni settanta. Un programma che lo stesso Angela non riuscirebbe più a fare; impossibile oggi infatti trattare argomenti come l'evoluzione della vita sulla terra, i viaggi nello spazio e la vita extraterrestre restando fedeli al puro spirito scientifico senza metterci in mezzo Atlantide, i Maya, gli UFO e magari anche i templari, che sono i cavalli di battaglia preferiti di Giacobbo. Ma più di trent'anni fa la televisione si interessava meno degli ascolti e della spettacolarizzazione dei fenomeni e così ne venivano fuori prodotti migliori. Ad ogni modo, Il professor Pacini fu l'uomo che con poche semplici parole mostrò ad un bambino fantasioso come il mondo del futuro e quello del passato potevano stare insieme e lo fece con un esempio legato alla velocità della luce: spiegò infatti come la luce, viaggiando ad una velocità finita, ci mostra le cose non come sono ora, ma com'erano quando era partita: un secondo fa la Luna, otto minuti fa il sole, due milioni di anni fa la grande galassia di Andromeda e poi fece un esempio estremamente suggestivo ipotizzando che se esseri alieni molto avanzati con strumenti tecnologici adeguati e a noi inimmaginabili avessero osservato la terra, che so, da una distanza di 65 milioni di anni luce vi avrebbero potuto vedere scorrazzare sopra i dinosauri un attimo prima che un asteroide li friggesse. Fu una rivelazione, io ce li vedevo proprio gli omini verdi che facevano queste cose e così l'immaginazione di quel bambino si perse dietro all'idea di un viaggio su un pianeta lontano duemila o quattromila anni luce per poter vedere quello che succedeva qui sulla terra ai tempi dei romani o degli egiziani. Erano parecchi anni che non pensavo al professor Pacini, fino ad oggi, quando ho letto della sua dipartita e mi è tornato in mente con estrema vividezza questo ricordo, per cui gli sono molto grato.
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