Così rispondeva lo sfortunato George Mallory a chi gli chiedeva per quale motivo volesse scalare l'Everest.
Con questo mese di gennaio sono ormai tre anni che occupo impropriamente questo spazio sulla rete, dico impropriamente e anche un poco indegnamente perchè in circolazione ci sono un sacco di persone che lo fanno molto meglio di me e con una grande quantità di contenuti in più, lo so perchè li leggo tutti i giorni e ogni volta mi domando cosa ci faccio io qui se ci sono già loro e chissà quanti altri ancora che non conosco ma che varrebbe la pena leggere.
All'inizio il mio spazio me lo sono creato scrivendo note per dare un senso alla mia presenza sul più popolare dei social network. Una volta realizzato che c'è sempre un valido motivo se con molte persone via via i contatti negli anni si perdono e con quelle che ti interessano in fondo non li perdi mai davvero, quando uno ha capito che alla fine le persone con cui vale la pena mantenerli davvero sono quelle con cui non c'è bisogno di cliccare “mi piace” sotto tutto quello che dicono, allora “Facebook” appare nient'altro che un enorme esercizio di voyeurismo. E così uno decide che può anche farne a meno, rinuncia alla possibilità che un gruppo più numeroso di persone, amici o amici di amici, possano leggere le sue cose ed emigra nel mare infinito della rete dove forse resterà unico fruitore del proprio piccolo giardino di pensieri insieme a chi ci arriverà per caso cercando altre cose e a cui forse potranno interessare, oppure no. Non sono bravo a scrivere, penso sia una cosa difficilissima, non sono realmente interessato ad essere letto, ma mi fa molto piacere pensare che qualcuno possa trovare interessanti alcune cose che scrivo. Le potenzialità del mezzo internet fanno sì che in teoria sette miliardi di voci come la mia possano comunicare qualsiasi cosa contemporaneamente sul web, la cosa è grandiosa e spaventosa insieme perchè crea un grandissimo rumore di fondo nel quale il rischio è che ognuno sia lì a parlare da solo. Ma il web non è solo un mezzo di comunicazione, in fondo è anche un immenso muro sul quale chiunque può improvvisarsi writer e scribacchiare qualsiasi cosa senza preoccuparsi troppo di imbrattarlo, questo vale per le cose che ci piacciono come per quelle che nessuno, io per primo, vorrebbe mai vedere, ma il gioco della totale libertà d'espressione funziona così. Ci stiamo avviando verso l'era del “io posto, quindi sono”, ognuno ha diritto al suo piccolo spazio di libertà, che sia solo per se stesso o rivolto a ogni potenziale lettore del mondo. Se dovessi dire perchè oggi io sono ancora qui ad occupare questo spazio penso che prenderei in prestito le parole di Mallory, perchè è lì.
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