giovedì 16 gennaio 2014
Mistero di sto...
Se ieri sera siete capitati su Italia 1 nell'eterna e sempre più difficile ricerca di qualcosa di decente da guardare in tv dopo cena e avete avuto l'impressione di essere di fronte ad un'edizione speciale di Studio Aperto vi siete sbagliati, o quasi.Si trattava della prima puntata della nuova stagione di Mistero. 3 ore di minchiate galattiche vendute come verità assolute da una squadra di conduttori dalle espressioni truci e coinvolgenti che in questi anni hanno generato pure mostri. Sì, perchè se guardando la sigla finale in stile "Ulisse", con i dietro le quinte, poi ci si rende conto che è proprio tutto, ma tutto tutto finto e probabilmente nessuno di loro crede ad una sola parola di quello che gli autori scrivono, sono sicuro che molti dei poveri giovani malati di mente che hanno realizzato un video che verrà scelto dai telespettatori come in una specie di talent, nella speranza di diventare un nuovo conduttore della squadra, a quella roba lì ci credono davvero. E io non finirò mai di chiedermi perchè. Eppure pare che l'Italia annoveri alcuni fra i migliori autori di documentari del mondo. Sono andato a rileggermi un articolo di Carlo Rovelli che parla proprio di questo. Roba da non credere. Rovelli parlava nello specifico di televisione pubblica (credo si riferisse a Voyager, ma con molto stile senza citarlo) citando trasmissioni che lasciano spiragli di interrogativi su UFO, vampiri, fantasmi e roba così. Mistero non lascia neppure spiragli, spalanca porte di certezza. La divulgazione scientifica della televisione generalista ormai è diventata questa. La superstizione che gioca su paure e dubbi ancestrali fa audience, le religioni ce lo hanno insegnato per secoli. E la divulgazione scientifica che pure c'è, ed è fatta anche bene è relegata in un angolino, su canali lontanissimi oppure a pagamento, magari messa in mezzo fra una trasmissione sul triangolo delle Bermuda e un'altra su particolari e spaventose malattie. E' proprio vero, la conoscenza è pericolosa, meglio credere ai nani assassini.
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