martedì 21 gennaio 2014

Italicum

Io non sono particolarmente stupito della profonda improvvisa sintonia creatasi fra il neo leader del partito democratico e il vecchio, decaduto, pregiudicato leader del centrodestra italiano. A dispetto delle sue precedenti e più recenti dichiarazioni sul destino e la figura di Berlusconi, Renzi è sempre stato coerente con se stesso e con il suo intento, che è quello di arrivare a governare questo paese asfaltando qualsiasi ostacolo gli si presenti e da qualsiasi parte arrivi. Segnali di questo intento Renzi ne ha dati sempre; chiunque lo abbia visto come un messia riversando in lui la speranza di un rinnovamento epocale di questo paese era stato abbondantemente avvisato e quindi chi ora manifesta delusione o sorpresa farebbe bene a non fare l'animella candida se le immagini di Berlinguer e del Che appese ai muri della sede del PD piangono. Renzi ha vinto, gli stessi iscritti del PD lo avevano già decretato nelle primarie a loro dedicate, se Renzi dice che lo schieramento avversario è rappresentato da un quasi ottantenne condannato e messo in un angolo da tutto il mondo perchè in Italia prende ancora i voti di milioni di persone ha ragione lui. Il suo scopo è andare a prendere i voti di molti di quei milioni, la pancia grigia e silenziosa del paese. Il punto, secondo me, è che ormai da diversi decenni (morte della classe operaia, nascita della telecrazia) le ideologie che hanno mosso e appassionato le masse verso la politica si sono atrofizzate e la politica come idea di rappresentazione del mondo è diventata una merce in vendita come qualsiasi altra. Il miglior venditore, quello capace di dominare meglio le strategie di marketing, di vendita del prodotto, vince. Non serve più essere di destra o di sinistra
La prima Repubblica sarà pure stata una gran brutta cosa e i suoi rappresentanti istituzionali pessimi esempi di governanti, ma la gran parte della partecipazione popolare che ha caratterizzato la vita politica di questo paese dal dopoguerra fino agli anni ottanta era mossa da una più sincera passione e, nonostante le derive di violenza ed estremismo, verso qualsiasi schieramento uno si orientasse a muoverlo era una differente visione del mondo che rispecchiava forse il patrimonio genetico di cui era dotato. Questa è un'idea interessante; per usare le parole dello psicologo sociale Jonathan Haidt: “chi ha ricevuto dai propri geni un cervello che prova un piacere speciale per le novità, la varietà e la diversità ed è allo stesso tempo meno sensibile ai segnali di una minaccia sarà predisposto a diventare progressista. Queste persone tendono a sviluppare adattamenti caratteristici e narrazioni di vita che li fanno trovare in sintonia, inconsciamente e intuitivamente, con le grandi narrazioni dei movimenti politici di sinistra. Coloro che invece hanno ricevuto dai propri geni un cervello con regolazioni interne opposte alle precedenti sono predisposte per gli stessi motivi a trovarsi in sintonia con le grandi narrazioni proposte dalla destra”.
Secondo Haidt progressisti e conservatori vanno visti come yin e Yang, entrambi necessari per un sano equilibrio democratico e, come diceva John Stuart Mill “sono entrambi necessari a una vita politica prospera”. Sarebbe bello, ma qui ormai non esistono più differenze la classe politica dirigente al governo è composta nei principali schieramenti da elementi che si sono formati nello stesso modo all'ombra di una balena bianca, e il futuro, come il recente passato sembra sarà in mano di chi convincerà i consum...pardon, gli elettori che il suo prodotto è quello migliore.

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