lunedì 13 maggio 2013
Equazioni indecenti
Anni fa, in una vita precedente e in un mondo che oggi sembra lontanissimo ma forse non lo è così tanto, mi capitò per questioni lavorative di frequentare il capannone di uno stabilimento industriale che si trovava in mezzo ad una bellissima e verde valle sulle prime colline di una regione di quelle che difficilmente ne immaginiamo di più civili ed e ospitali. Nello stabilimento, piuttosto vecchiotto e malmesso, si trovavano le linee di produzione di materiali che facevano la fortuna di un'intero distretto industriale e rappresentavano (anche oggi, ma un po' meno) l'eccellenza del prodotto italiano nel mondo. Già allora molti degli operai addetti alle mansioni più umili erano stranieri. In particolare ne ricordo uno, dall'aspetto nordafricano (levantino direbbe oggi la Bocassini), che si occupava di tenere pulite le linee produttive e le canalette di scolo dei liquidi reflui. Mansione improba perchè, come ripeto, il luogo era piuttosto fatiscente e le condizioni generali dell'ambiente di lavoro lasciavano alquanto a desiderare. Comunque, io mi trovai a passare per quella linea mentre quest'uomo era impegnato nel suo lavoro e il suo responsabile di reparto (italiano) lo stava reguardendo con aria da caporaletto stronzo chiamandolo Amerda (al posto di Ahmed evidentemente). Fu un attimo, una sensazione sgradevolissima che dopo tanti anni ricordo ancora perfettamente. In seguito non tornai più in quel posto, ma mi trovai spesso a pensare che se un giorno avessi letto di un uomo, straniero, che un giorno era giunto sul luogo di lavoro e aveva fatto fuori il suo caporeparto a bastonate lo avrei capito, non approvato, ma compreso. Ora, questa storia non c'entra naturalmente nulla con i tragici fatti di Milano dei giorni scorsi. Io non so nulla dell'uomo che ha aggredito molte persone con un piccone uccidendone due nè dei motivi per cui lo ha fatto. Chiaramente però si tratta di una persona squilibrata con un carico di odio e aggressività esploso improvvisamente e in modo devastante, così come lo era quello (italiano) che si è messo a sparare a dei carabinieri davanti al parlamento (sempre che lì le cose non stiano diversamente). Nei momenti di grave crisi sociali le persone più deboli e meno attrezzate sono quelle che rischiano di più di esplodere, facendo del male a se stessi o ad altri, e se a questo si aggiunge un clima di odio, repulsione e sospetto nei confronti del diverso, magari tenuto bello vivo da alcuni esponenti di forze politiche, gli esiti possono essere imprevedibili. Ecco, non so più bene perchè mi sono messo a scrivere tutta questa pappardella, forse solo per dire quanto trovo squallido, avvilente e vigliacco l'atteggiamento di quanti in questi casi così non si facciano mancare l'occasione per soffiare sul fuoco gridando al clandestino assassino e generalizzando a proprio vantaggio. Il problema dell'emigrazione clandestina è senz'altro serio e non lo è solo nel nostro paese, anzi. L'equazione clandestino=assassino, stupratore e criminale è indegna del paese nel quale vorrei vivere
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