giovedì 27 gennaio 2011

Memoria

Vernichtung-1 Il film “Shoah” di Claude Lanzmann è probabilmente l’opera capitale sulla tragedia dello sterminio nazista. Quasi dieci ore di immagini risultato finale di un lavoro durato dodici anni. Nessuna scena d’archivio, nessuna vecchia immagine girata dagli alleati o dagli stessi tedeschi, solo i volti dei testimoni sopravvissuti che raccontano i loro ricordi con espressioni di pietra, alternati ad immagini dei luoghi dello sterminio così com’erano negli anni ‘70.

Filp Muller fu uno dei pochissimi superstiti dei “sonderkommando”: le squadre di ebrei che erano incaricate di svuotare e ripulire le camere a gas. Questo è parte del suo racconto nel film. Leggerlo non basta, bisogna ascoltarlo, e vederlo.

“…La morte per gas durava da dieci a quindici minuti. Il momento più terribile era l’apertura della camera a gas, quella visione era intollerabile: le persone, schiacciate come basalto, blocchi compatti di pietra. Come crollavano fuori dalle camere a gas! L’ho visto parecchie volte. Ed era la cosa più penosa di tutte. A questa non ci si abituava mai. Era impossibile (…) Il gas, quando cominciava ad agire, si propagava dal basso verso l’alto. E nella lotta spaventosa che allora si scatenava, perchè era una lotta, nelle camere a gas toglievano la luce, era buio, non ci si vedeva , e i più forti volevano sempre salire, salire più in alto. Certamente sentivano che più si saliva meno mancava l’aria, meglio si poteva respirare. Si scatenava una battaglia. E nello stesso tempo quasi tutti si precipitavano verso la porta. Era un fatto psicologico, la porta era lì… ci si avventavano, come per forzarla. Irreprimibile istinto in quella lotta contro la morte. Ed è per questo che i bambini e i più deboli, i vecchi, si trovavano sotto agli altri. E i più forti sopra. In quella lotta di morte il padre non sapeva più che suo figlio era lì, sotto di lui.- E quando si aprivano le porte? -Cadevano… Cadevano come un blocco di pietra… Una valanga di grossi blocchi che cadono da un camion. E dove era stato versato il Zyklon, era vuoto (…) Evidentemente le vittime sentivano che in quel punto il Zyklon agiva di più. Le persone erano… ferite, perchè nel buio avveniva una mischia, si dibattevano, lottavano. Sporchi, insozzati, sanguinanti dalle orecchie, dal naso. Certe volte si notava pure che quelli che giacevano al suolo erano, a causa della pressione degli altri, totalmente irriconoscibili… Certi bambini avevano il cranio fracassato (…) Sì, vomito, sangue. Dalle orecchie, dal naso…Anche sangue mestruale forse, no, non forse, certamente. C’era di tutto in quella lotta per la vita… Quella lotta di morte. Era atroce da vedere. Ed era la cosa più difficile. Era un nonsenso dire la verità a chiunque oltrepassava la soglia del crematorio. Là non si poteva salvare nessuno. là era troppo tardi…”

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