Oggi i cinesi hanno finalmente
annunciato ufficialmente il nome dell'uomo che guiderà la Repubblica
Popolare per i prossimi dieci anni. Ieri si erano chiusi i lavori del
congresso del Partito Comunista durante il quale più di duemila
delegati provenienti da tutto il paese si erano riuniti per
determinare la futura classe dirigente. Naturalmente non è vero
niente, i nomi dei futuri governanti erano già stati decisi da
quattro o cinque persone molto tempo prima e i nomi circolavano da un
po'; ma i cinesi sono particolarmente appassionati dalle grandi
coreografie, e uno spettacolo come quello del grande palazzo del
popolo infarcito di fiori, bandiere e persone plaudenti ricorda ai
cinesi stessi e al mondo tutto che il comunismo della Repubblica
Popolare è vivo e vegeto e intende condizionare il mondo per lungo
tempo ancora dando l'impressione di granitica e immutabile solidità
e continuità. La Cina moderna non è più neppure parente di quella
di Mao, a dispetto della sua immagine onnipresente. Le riforme
economiche ne hanno fatto un paese moderno che si trova nella
singolare posizione di dover far convivere il più selvaggio sviluppo
economico con un sistema politico monolitico e repressivo nei
confronti di qualsiasi tipo di dissenso. La nuova dirigenza cinese
rappresenta una novità anche in campo generazionale e forse saprà
portare sviluppi e novità in direzione di una maggiore libertà
politica. Io penso che la Cina cambierà in questo, e probabilmente
lo farà molto lentamente, alla cinese. Fatti come quelli di Tien An
Men non sono più neppure immaginabili nella Cina moderna: Pechino è
una città nella quale si respira una grande aria di libertà ma
anche di estremo controllo, la repressione è dietro l'angolo, ma
qualcosa sta cambiando. L'artista iraniana Soody Sharifi (che di
governo repressivo se ne intende) sostiene che “quando un governo
reprime il popolo, l'arte si fa espressione di dissenso”, a volte
sotto gli stessi occhi del potere. Succedeva anche da noi durante il
fascismo e la stessa cosa ho avuto la sensazione di coglierla in
Cina. A Pechino e a Shangai i quartieri degli artisti sono dei
piccoli ghetti dove i mercanti d'arte hanno trovato il modo di fare
business ma dove fra le righe si legge il germe di una voglia di
nuovo che sta coinvolgendo una nuova generazione di giovani cinesi
che saranno i veri portatori del cambiamento.
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