Io sono uno che piacerebbe ai professori del nuovo governo tecnico che salverà l'Italia e l'Universomondo, davvero. A trent'anni suonati da un bel po' ho rinunciato ad un posto di lavoro con un contratto a tempo indeterminato blindato che avevo cominciato quando avevo vent'anni e lontano dalla mamma, così come lontano dalla mamma, anche se grazie a lei e al papà, mi ero diplomato, ed era pure un impiego nel settore privato, mica pubblico. Certo, forse non l'ho fatto tanto per monotonia del posto fisso quanto per seguire un ideale un po' bislacco, fatto è che dal quel momento sono entrato nella galassia dell'indeterminatezza lavorativa, un mondo con regole vaghe e ben confuse nel quale tutti fanno di tutto per riuscire a svicolare alle insulse normative che dovrebbero disciplinare il mondo del lavoro. I gentili e rassicuranti signori che ci governano oggi insistono, come i loro predecessori del resto, sul fatto che liberando per esempio le imprese dal vincolo di non potersi disfare più semplicemente di alcuni dipendenti improduttivi non si può facilitare l'ingresso ai giovani nel mondo del lavoro, mondo nel quale d'altra parte i giovani farebbero bene ad entrare con lo spirito allegramente disposto al frequente cambiamento. Ora, a parte che vista dall'interno di quello stesso mondo del lavoro questa cosa appare l'ideale per gente che vuole alleggerire i costi delle proprie imprese servendosi tuttalpiù di manodopera a breve scadenza e non specializzata, ma solo se è necessario, perchè l'ideale sarebbe che meno dipendenti producessero per loro la stessa ricchezza di prima, c'è una cosa che mi piacerebbe sapere e i gentili professori non mi dicono: fino a quando si è giovani e si può e si deve cambiare spesso lavoro? C'è, è prevista un'età arrivati alla quale si può sperare in un posto che duri fino all'età della pensione, sempre che ci si arrivi o questa esista ancora? Me lo chiedo perchè comincio ad arrivare verso quella parte della vita nella quale alcune domande ti si pongono con una certa insistenza e perchè a volte penso di essere stato un po' scemo a rinunciare a quel posto fisso, tanto tempo fa. Appartengo ad una categoria professionale per la quale il cambiamento è una regola indotta dalla stessa tipologia dell'attività svolta e magari la cosa non mi riguarda pure tanto, ma ho proprio la sensazione che per come funziona il nostro mercato del lavoro oggi sia proprio difficile per persone non più giovanissime questa cosiddetta “flessibilità”. Per come la vedo io al momento i giovani sono carne da macello, i più anziani sono indesiderabili perchè meno “produttivi” o meno flessibili e chi si presenta ad un colloquio di lavoro con un curriculum pieno di lavori a breve scadenza rischia di essere guardato come uno che non è capace di tenersi un impiego.
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