sabato 27 marzo 2010

Miti che non lo sono


Il kamut non esiste. la prossima volta che in preda ad un trip bio-ecologista andate in un negozio alimentare di quelli un po' alternativi fate caso alla scritta kamut, io non lo avevo mai fatto: in piccolo c'è il simbolo di un marchio registrato, cosa che di fatto è. Il nome kamut se lo sono inventato degli americani del Montana, proprietari della società Kamut international limited, ponendolo su una particolare varietà di frumento il cui vero nome è Korashan. Tutti gli alimenti in commercio nel mondo col nome di kamut sono prodotti su licenza della K. Int. L'operazione di marketing è stata particolarmente subdola e abile: è bastato spargere in giro la leggenda di semi trovati nelle tombe faraoniche, l'attribuzione di eccezionali qualità nutrizionali e la compatibilità per le intolleranze al glutine. Il Korashan è un frumento rustico, originario della fascia compresa tra Anatolia e Iran (ma si coltiva anche in Italia), non viene sottoposto a trattamenti genetici di miglioramento è ottimo per la pastificazione e molto digeribile, ma contiene glutine quindi non è adatto ai celiaci. La storia delle tombe egiziane è una balla servita a rivestirlo di esotismo e mistero, funziona sempre, basta guardare "Voyager" per saperlo. L'aspetto più fastidioso di tutta l'operazione commerciale legata alla diffusione del kamut è però quello del prezzo: il monopolio imposto dalla K. Int. fa sì che alla fine il prodotto finito (la pasta per esempio) costi dall'80 al 200% in più di uno con frumento normale, senza che la differenza sia in alcun modo giustificata se non da trasporti, diritti di uso e propaganda e effetti di un mercato alimentare un po' snob che porta il cibo ad essere merce di lusso legato anche al bisogno di rassicurazione sulla salute dei consumatori.

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