sabato 31 marzo 2012

Così vanno le cose



Bill watterson spero non me ne vorrà se pubblico una sua vignetta pur sapendo che ogni volta che qualcuno lo faceva a sua insaputa sguinzagliava gli avvocati, però raramente ho trovato una sintesi più efficace dell'economia contemporanea. (Cliccateci sopra per ingrandire)

giovedì 29 marzo 2012

Fosse che fosse...


Devo dire la verità, sotto sotto qualcosa mi diceva che non c'era da fidarsi: tutte quelle campane a morto per il berlusconismo di qualche mese fa erano davvero suadenti e suggestive, ma in fondo c'era anche da pensare che tutto facesse parte di una strategia, in parte anche già vista oltre tutto e alcune cose erano rimaste invariate, insomma, mica tanto da fidarsi. Ma ora, alcuni segni fanno pensare che forse il 2012 sarà davvero un anno epocale.

lunedì 26 marzo 2012

Se ne sono andati


Un altro pezzo della nostra cutura recente che se ne va e che pur non essendo uno dei miei scrittori preferiti (anche perchè l'ho frequentato un gran poco) mi sento di dover omaggiare, se non altro perchè gli devo la frase di intestazione di questo spazio che occupo in rete.

mercoledì 21 marzo 2012

Se ne sono andati


Devo dire che mi dispiace aver pensato di quest'uomo, fino a non molto tempo fa, che fosse già morto e un po' me ne vergogno.

lunedì 19 marzo 2012

I see dead people


Ho rivisto da poco "Hereafter" il bel film di Clint Eastwood che tratta una certa idea di vita dopo la morte in modo molto toccante seguendo le vicende di personaggi ed esperienze molto differenti. Mi è piaciuto molto, mi era piaciuto molto già quando l'ho visto al cinema, bravo il vecchio Clint, niente da dire, ci azzecca sempre. In questo caso mi pare abbia voluto anche un po' restituire una certa dose di speranza rispetto alla tragica fatalità della vita che ci aveva mostrato in molti dei suoi ultimi film, grandi film, come "Mystic River", "Million Dollar Baby" o "Gran Torino". Chissà forse in questo caso c'è anche il riflesso del pensiero di un uomo che giunto nella parte finale della sua vita comincia a porsi grandi interrogativi su quello che ci aspetta, il che è assolutamente legittimo. Il film, lo ripeto, mi è piaciuto molto, ma in qualche caso l'ho trovato eccessivamente consolatorio, perchè in fondo tutti vorremmo che ci fosse un luogo pieno di luce e di grande pace e serenità dove quello che di noi lascerà il corpo dopo la morte se ne andrà, ma la verità è che nulla ne sappiamo davvero di tutto questo. La nostra mente è capace di grandi costruzioni e può realizzare infinite varietà di mondi fantastici e spiegazioni per dare un senso all'inspiegabile, ma tutto quello che posso fare guardando quello che di un essere umano rimane ogni volta che mi ci trovo di fronte è solo una grande quantità di domande a cui lui non da mai delle risposte.

mercoledì 14 marzo 2012

Come bambini

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Normalmente quando si è in presenza di un bambino piccolo che si sta avventurando nel mondo della comunicazione parlata è necessario porre molta attenzione nell’uso di certi vocaboli o di alcune espressioni; questo perchè le piccole spugne su due gambette assorbono davvero ogni cosa e poi la ripetono entusiasti come si fa con ogni nuova conquista. I piccoletti però non sono per nulla privi di cervello e sensibilità e spesso quando si rendono conto che gli adulti hanno utilizzato un termine fuori contesto, imbarazzante o comunque particolare se ne impadroniscono e lo ripetono in continuazione con una sorta di perfida compiacenza. E’ un po’ quello che sento fare da stamattina a tutti i giornalisti che riportano le dichiarazioni di ieri del ministro Fornero sulla “paccata” di denaro.

martedì 13 marzo 2012

Sassuolo-Brescia 1-1

Stadio-vuoto
Pare che il nuovo e salvifico governo dei prof abbia deciso di trasformare la famigerata “tessera del tifoso” in una più rassicurante e commercialmente riconoscibile “Fidelity Card” , non so se questo significhi che chi in futuro andrà allo stadio per vedere i propri beniamini in mutandoni nel giorno del suo compleanno si troverà gli auguri sul biglietto come all’Esselunga, spero però che il nuovo sistema correggerà alcune idiozie di quello in corso. Io non sono un tifoso da stadio, sì e no due o tre partite a stagione e sempre in casa, quest’anno però, per la prima volta, ho pensato di andare a vedere la squadra della mia città in trasferta, nel posto dove ho passato una discreta parte della mia vita e per la cui locale compagine ho maturato negli anni una moderata simpatia. Insomma una simpatica domenica di sport nazionalpopolare con due o tre amici del luogo fra chiacchiere e pallone. Ho capito che le cose non sarebbero andate come me le ero immaginate nell’istante in cui ho visto l’espressione della ragazza dietro il vetro della biglietteria mentre esaminava la mia carta d’identità pronunciando la classica espressione cinematografica, “aspetti un momento, devo parlare con il mio responsabile”. Un attimo dopo il suddetto responsabile gentilmente mi chiedeva se fossi provvisto della mia personale tessera del tifoso con la quale avrei potuto liberamente accedere allo stadio ma solo nella parte riservata ai tifosi ospiti e in mancanza della quale, provenendo (testuale) dalla regione da cui si originava la trasferta, che uno ci mette anche un po’ a capire cosa significa, non c’era trippa per gatti, sarei rimasto fuori. Insomma, io singolo tifoso oltretutto accompagnato da tre residenti del luogo, rappresentavo un serio problema per la sicurezza dell’avvenimento sportivo. Avendo i miei amici già pagato e ricevuto il biglietto ho un po’, cortesemente, insistito al che mi è stato risposto che se avessi trascinato alla biglietteria un poliziotto disposto a garantire per me forse si sarebbe potuto far qualcosa. Nel timore di prendermi pure delle manganellato ho provato a pensare ad altre soluzioni. L’unica possibile si è rivelata macchinosa ma parzialmente efficace. Ho attirato dall’esterno l’attenzione di uno steward che stava dentro e ho provato a chiedere anche a lui se era possibile fare qualcosa; il ragazzo, molto comprensivo, mi ha indicato all’attenzione del suo capo, responsabile della sicurezza per la tifoseria della squadra di casa il quale mi ha spiegato che la cosa rappresentava davvero un grosso problema, insomma volevo solo vedere una partita di calcio con i miei amici, grosso, ma non insormontabile. Affidandomi alle cure di un paio dei suoi ragazzi mi ha suggerito di avviarmi alla biglietteria della curva riservata ai tifosi ospiti e poi, una volta arrivati  di farmi fare un biglietto associato alla tessera di uno di loro. Pare si possa fare. L’unico problema è stato che dopo un po’ che si aspettava, tutti questi tifosi non arrivavano e quei pochi che c’erano pare avessero già il loro biglietto. La cosa è stata brillantemente risolta usando la tessera del tifoso di uno degli addetti alla sicurezza, chiaramente del luogo. Ehi ma allora si poteva fare anche prima. A quel punto, non so più come, ero stato fornito del mio biglietto con accesso a curva tifosi ospiti e associato a tessera tifoso squadra locale, biglietto con il quale non sarei potuto comunque entrare nel settore dove dovevano andare i miei amici ma che mi avrebbe permesso, previa complicità di un ulteriore addetto di andare in tribuna, con i vip, o dove volevo, ma non con i miei amici. Risultato? La partita l’ho vista sì in tribuna, ma da solo, faceva pure un freddo cane e oltretutto è stata pure brutta. Si lamentano che la gente non va più allo stadio? Lo credo bene, a me hanno fatto passare la voglia.

giovedì 8 marzo 2012

De libidine

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Giovanni Sercambi è un autore vissuto fra ‘300 e ‘400, a scuola proprio non se lo fila nessuno, alle superiori certamente no, e all’università neppure direi, almeno per la mia esperienza personale: il mio manuale di letteratura italiana, che sono andato appositamente a ripescare, lo sbriga in quattro righe, le avevo pure sottolineate varie volte ma evidentemente non ha lasciato nessun segno nella memoria. Alla fine Dante, Petrarca e Boccaccio sono quelli che contano a scuola e in fondo è meglio così, non possono mica essere trattati tutti nello stesso modo se no sai che pizza. Fra settecento anni quando qualcuno studierà la letteratura italiana fra XX e XXI secolo (Sempre che si faccia ancora) quali saranno gli autori che faranno tremare i ragazzini a scuola prima dell’interrogazione? Immagino, forse, Camilleri e poi? Fabio Volo? (con rispetto parlando), Moccia? Vengono i brividi solo a pensarci. Ma Giovanni Sercambi non era malaccio, il suo novelliere immagina la solita compagnia di amici a zonzo per sfuggire alla peste e intenta a raccontarsi storielle, più o meno 150, alcune delle quali assai godevoli, come quella che racconta le vicende della badessa del monastero dell’Olmo, vicino Arezzo, che amava farsi intrattenere, diciamo così, nottetempo dalle sue consorelle debitamente attrezzate con una verga pastorale adattata all’uopo. ll Sole24ore ha pubblicato questa novella ed altre riadattate da autori contemporanei e curate da Ermanno Cavazzoni sull’inserto della domenica e sul suo sito, ma sono facilmente reperibili e spassose anche nella loro versione originale in rete e ne vale la pena.

martedì 6 marzo 2012

Io veramente non lo sono


La vicenda che coinvolge i due fucilieri italiani in India è di quelle delicate assai e ho l'impressione che più che un fatto legato a questioni interne solo indiane come vicende elettorali o cose simili, qui si tratti di tentativi di manovre su più vasta scala che puntano a cominciare a spostare gli equilibri di forza fra nazioni del cosidetto "primo mondo" e le nuove nazioni emergenti come Cina, Brasile e India appunto che in futuro saranno sempre più deteminanti nel mondo, un po' per tutto. Sensazione mia lo ripeto, magari mi sbaglio ma è come se ci volessero dire, ehi avete finito di venire dalle nostre parti a sparare a tutto quello che vi pare senza pensare di subirne delle conseguenze solo perchè appartenete al (non più) ricco e vecchio mondo occidentale. Poi magari quelli erano pirati veri e stavano assalendo la nave, io non lo so, di questa vicenda non è che ci abbiano fatto capire molto. Io vorrei solo che fosse chiara una cosa, per quel che mi riguarda;  con tutto il rispetto dovuto ai militari che fanno il loro non facile mestiere in quella parte del mondo, in questo caso mi permetto di dissociarmi dal ministro della difesa, io non sono al loro fianco, almeno finchè qualcuno  mi garantirà che non hanno ammazzato dei pescatori in acque internazionali o indiane; confido che vengano garantiti i loro diritti e tutto il resto, ma le espressioni di solidarietà che arrivano dall'Italia e dalle istituzioni sembrano già averli scagionati da ogni colpa. O sanno bene cose che all'opinione pubblica non sono state dette oppure dovrebbero essere più cauti perchè se poi si scoprisse che i nostri militari ammazzano pescatori indiani perchè "sembravano pirati" la cosa sarebbe piuttosto imbarazzante.

domenica 4 marzo 2012

il terzo uomo

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Questa foto quassù è un’immagine simbolo e appartiene al patrimonio visivo collettivo del XX secolo o almeno dovrebbe. L’episodio è noto: alle olimpiadi di Città del Messico nel 1968 i due atleti statunitensi Tommie Smith e John Carlos arrivarono rispettivamente primo e terzo nella gara dei 200m e quando furono sul podio misero in scena una clamorosa protesta sollevando in alto un pugno avvolto in un guanto nero. Smith e Carlos sostenevano un movimento che si definiva Olympic Project for Human Rights di cui durante la premiazione indossavano anche una spilla, i due avevano preparato da tempo questa azione contro un sistema che, come disse Smith, voleva i neri solo come cavalli da parata alle Olimpiadi e carne da macello in Vietnam. Come dicevo l’immagine è nota e più o meno tutti quelli che appartengono alla mia generazione ne conoscono il significato; pochi però in questa foto notano l’uomo bianco a sinistra, io non l’ho mai fatto e mai ne avrei saputo nulla se non lo avessi scoperto ascoltando una puntata di “destini incrociati”, la bella trasmissione in onda ogni giorno su radio 24. Quell’uomo si chiamava Peter Norman, era australiano, e in quella gara arrivò secondo. Se guardate attentamente la foto noterete che anche lui indossa la spilla del movimento a cui appartenevano Smith e Carlos. Norman fu informato da loro di quello che intendevano fare prima della cerimonia e decise di mettere la spilla in polemica con l’atteggiamento che il suo governo aveva da sempre contro i boscimani. La reazione ufficiale al gesto dei tre atleti fu feroce, furono presi provvedimenti di espulsione dal villaggio olimpico in quanto si sostenne che era stato violato il principio che voleva la politica tenuta fuori dai giochi. La vita dei tre non fu più la stessa da quel momento; Carlos e Smith furono estromessi dalla nazionale di atletica USA, ebbero un sacco di problemi, ma il loro gesto contribuì ad un processo che migliorò in parte la società americana e lentamente le cose migliorarono permettendo loro di tornare a svolgere attività importanti nel mondo dello sport. A Peter Norman andò molto peggio: la federazione olimpica australiana gli levò ogni appoggio e nonostante lui fosse (e rimanga tutt’ora) il più grande velocista australiano di tutti i tempi decise di non inviare nessun velocista alle successive olimpiadi di Monaco per punirlo. In seguito Peter Norman perse una gamba e cadde nel tunnel dell’alcol morendo poi pressochè dimenticato nel 2006. Tommie Smith e John Carlos portarono la bara al suo funerale, la stampa e l’opinione pubblica australiana lo ricordarono solo in quella occasione mentre invece gli Stati Uniti, dove esistono ancora problemi di integrazione razziale, gli riconobbero un riconoscimento ufficiale istituendo il 9 ottobre, giorno del suo funerale, il Peter Norman Day. Peter Norman credeva nei diritti civili di ogni uomo e sosteneva che ognuno a prescindere dal colore della pelle dovesse essere trattato in ugual modo, merita di essere ricordato alla pari degli altri due protagonisti di quella famosa foto.