domenica 26 aprile 2009
Partigiani uguali a chi?
Torino mi piace, è una specie di grande lussuoso salotto, passarci il 25 aprile e respirare, anche se un po' marginalmente, l'atmosfera degli eventi dell'insurrezione del 1945 nelle celebrazioni della commemorazione mette di buon umore e ti riempie di sensazioni positive. Uno quasi non pensa che nei 20 mesi che precedettero quella data il paese fu percorso e percosso da eventi terribili. Nessuna regione, a parte la Sardegna, fu risparmiata dalle stragi; complessivamente vi furono circa quattrocento episodi di cui sedici con oltre cento vittime. Innumerevoli poi furono gli eccidi singoli o di meno di quattro persone. Spesso le stragi venivano compiute da reparti nazisti in fuga. Rastrellamenti e deportazioni erano parte fondamentale delle strategie di occupazione e sempre più numerose furono esecuzioni e rappresaglie con incendi e saccheggi, uccisioni indiscriminate di civili compresi donne, anziani e bambini. Molto spesso le uccisioni venivano giustificate come esecuzioni di banditi comunisti badogliani. Nel centro nord Italia, dove operò la RSI, nei massacri furono impiegati reparti di republichini come collaboratori e molto spesso come diretti esecutori. I giovani di Salò si distinsero per l'eccezionale ferocia nel massacrare i propri compatrioti. Molti dei giovani che salirono in montagna nella loro vita non avevano conosciuto altro che il fascismo, alcuni erano stati fascisti entusiasti. Per nessuno di loro la scelta partigiana fu facile. Gli interrogativi e i dubbi prima di ogni azione che potesse coinvolgere civili furono moltissimi. Il comando militare dell'alta Italia nel 1944 aveva dato ai comandi locali istruzioni nelle quali insisteva perchè l'obiettivo primario delle azioni fossero fascisti e nazisti, ma all'autonomia di comando nella scelta degli obiettivi doveva corrispondere anche il senso di responsabilità e tutte le volte che fosse possibile era fondamentale “osservare le precauzioni del caso onde evitare o limitare i motivi di rappresaglia”. Oggi possiamo e dobbiamo considerare eroi i ragazzi che fecero quelle difficili scelte, eroi nel vero senso della parola, non quello che ha oggi per cui basta cadere con un elicottero in avaria o avere un incidente d'auto in Iraq per essere definito “eroe”. I morti sono tutti uguali e va bene, possiamo parlarne, ma cosa c'entra? Sono le scelte dei vivi che si discutono. Ho apprezzato le dichiarazioni del premier a Onna ieri, davvero, anche se mi ha fatto un po' senso vederlo col fazzolettone tricolore che alcuni partigiani gli avevano messo al collo. Ho apprezzato, ma in nessun caso mai lui o altri potranno mettere sullo stesso piano i partigiani e i fascisti di Salò. Mai.
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