domenica 31 maggio 2009

L'odissea del dottore



Uno non ci pensa mai, ma è una cosa ovvia. Ogni volta che osserviamo ammirati un quadro in un museo, una galleria o a una mostra, difficilmente pensiamo alla strada che quell'opera ha fatto per arrivare nel posto dove la vediamo. In effetti è abbastanza difficile che il percorso sia semplicemente dalla bottega dell'artista verso il museo, anzi, non succede mai, la verità è che uno degli aspetti più affascinanti e sconosciuti è spesso proprio il tragitto compiuto dalla realizzazione al destino finale. Il ritratto del dottor Gachet, per esempio, uno dei grandi capolavori di Van Gogh, oggi nessuno sa dove si trovi, ma Cynthia Saltzman ne racconta le peripezie compiute per cent'anni in un libro uscito per Einaudi.
Van Gogh conobbe il dottor Gachet nel maggio 1890, a quel punto della sua vita era già abbastanza schizzato, ma neanche il dottore stava troppo bene (si tingeva i capelli con lo zafferano), il 3 giugno il pittore finì il quadro e meno di due mesi dopo si sparò. Il quadro fu ereditato dal fratello Theo che morì poco dopo e lasciò tutto alla moglie a cui i quadri del cognato non piacevano niente ma che provò ugualmente a venderli. Nel 1897 il ritratto fu acquistato da tale Alice Ruben Faber che lo mise in camera da letto. Nel 1904 la Faber lo vendette al pittore Mogens Ballin il quale lo passò all'importante mercante berlinese Paul Cassirer che a sua volta lo cedette al conte Harry Kessler. Notare che ad ogni passaggio il prezzo lievitava. Nel 1907 il quadro venne venduto al mercante parigino Eugene Druet che ebbe problemi a rivenderlo, fino al 1911, quando il direttore dello Stadelsches Kunstinstitut di Francoforte, Georg Swarzensky, lo acquistò per la collezione. Poi arrivò il 1933: a quel punto, essendo un ebreo che possedeva l'opera di un artista degenerato Swarzensky lo nascose, ma i nazisti lo trovarono. Hermann Goering se ne impossessò e lo vendette al mercante Frank Koenigs che lo portò ad Amsterdam e lo vendette a sua volta ad un altro ebreo: Sigfried Kramarsky che se lo portò in America. Giunto negli USA nel 1939 il quadro fu esposto in varie mostre e finalmente trovò pace al Metropolitan di New York, fino al maggio del 1990, quando fu venduto ad un magnate giapponese per l'allora cifra record di 82,5 milioni di dollari. Oggi nessuno può vederlo e un po' mi dispiace.

1 commento:

  1. Bellissimo post, grazie. In effetti i quadri hanno spesso storie secolari, ben più lunghe delle nostre, cui non pensiamo più di tanto. Pensare che la signora Faber o, per dire, il magnate giapponese possiedono in camera da letto dei quadri che dovrebbero, legittimamente, stare nei musei mi procura una certa angoscia e senso di ingiustizia.

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